Miei carissimi quattro
follower,
Quando anni fa andavo, con la
mia amica Manuela, tutte le mattine, a correre nel parco delle cascine ho avuto
modo di conoscere, nelle numerose pause, due ragazze che poi son diventate
delle mie care amiche, Sara e Giovanna.
Sara, come me in leggero in sovrappeso, capelli ramati e occhi verdissimi,
al tempo frequentava lettere con il desiderio di voler divenire, un
giorno, archeologa. Invece Giovanna, anch’essa di Firenze, alta,
slanciata con occhi e capelli nerissimi, aveva appena finito le
superiori e cercava lavoro.
Dopo la laurea Sara accantonò l’idea
dell’archeologia ed accettò il suo primo ma non ultimo contratto a tempo
determinato come correttrice di bozze presso una piccola casa editrice. Giovanna,
invece, poco dopo trovò la sua strada come receptionist in una palestra,
sulle colline di Firenze.
Pur avendo avuto percorsi formativi diversi le
due mie amiche hanno, oggi, uno stipendio che si aggira, per ambedue,
sui 1200 euro ed una precarietà, purtroppo, comune a molti. Non
avendo dei contratti a tempo indeterminato non possono permettersi di ammalarsi
troppo e le festività non sono retribuite. Sara trascorre le sue estati
nella casa di famiglia al mare mentre Giovanna resta in città e ogni fine settimana
raggiunge in macchina la Versilia. Entrambe convivono con i propri fidanzati
storici. Sara in un piccolo appartamento in zona semicentrale con Luca mentre
Giovanna in periferia con Marco e Simona, quest’ultima una sua collega con la
quale divide le spese dell’affitto.
Entrambe immaginano,
tutt’oggi, di poter dare una svolta in meglio alle loro vite con un
nuovo lavoro, nuove conoscenze, nuove opportunità.
Ma chi ha, secondo voi, più chance di realizzare quanto desidera?
Non è facile rispondere,
adesso, a questa domanda.
Ma guardiamole più da vicino e osserviamo il loro
abbigliamento.
Nonostante lo stipendio non
altissimo Sara indossa spesso, durante l’inverno, un cappotto di
cachemire che si intona perfettamente ai suoi colori ed acquistato con il 50%
ai saldi. Sfoggia anche con piacere delle giacche, in velluto a coste o
di lana o ancora in tweed che abbina a pantaloni, anche questi di lana
rasata. Qualche vestito colorato, corto, sopra il ginocchio da portare
con gli stivali o con delle ballerine o ancora con le francesine e le calze
scure e coprenti. Ad ogni fine stagione, con i saldi, non dimentica di
investire un po’ dei suoi risparmi per un paio di scarpe nuove, mai di una griffe costosissima
per non dover pagare il nome di questa oltre le scarpe ma io amo, comunque, le
sue scelte: dècolletès nere,
francesine color cuoio, scarpa stringata modello Oxford in marrone scuro,
ballerine, blu, sabbia, bianche, che mette spesso con i jeans. I maglioni
acquistati con cura, anno dopo anno, sono sempre di
ottima qualità, molti di questi nei colori autunnali per far risaltare i suoi
capelli ramati. Le camicie e le canotte le sceglie solo in cotone o se
qualche svendita glielo permette in seta. Le sciarpe ed i foulards
sono un altro suo grande amore. Ne ha di bellissimi e colorati che usa per spezzare l’idea seriosa
che il suo stile potrebbe dare. E poi un grande uso di accessori, non
tutti in oro o argento, ovvio, ma sempre di fascia alta, in resina o di pietre
dure, come in corallo, ad esempio, o di turchese o di perle. Anche per quanto
riguarda le borse, Sara non ne ha poi tantissime ma riesce ad abbinarle
piacevolmente a tutti i suoi outfit. Una di pelle martellata nera, grande che
usa anche per andare a lavoro, una pochette per la sera e poche altre più
briose.
<< Sai M. Agatha, a quello che guadagno sottratto
l’affitto e tutte le bollette e le
tasse, non è che resti poi tanto da potermi permettere un guardaroba
fornitissimo. Sono costretta a selezionare bene i miei acquisti.>>
<< Less is more >> le rispondo io, sorridendole e indicandole la
gelateria più buona di Firenze dove poter continuare la nostra chiacchierata
davanti ad un cono al cioccolato e crema buontalenti.
Giovanna a parità di stipendio di Sara ha, invece, un armadio strabordante
di vestiti. Quando andiamo in centro insieme non manca mai di acquistare
qualcosa, anche di poco conto, un top, una maglietta, qualche volta delle
scarpe o una nuova gonna. Non importa
che questi non le donino moltissimo per colore o modello, l’importante è che
siano un buon affare e alla moda. Mi racconta che adora cambiare spesso gli
abiti e che a dopo un paio di anni
quelli che non indossa più perché le son venuti a noia li regala alle cugine
più piccole.
In inverno come soprabito
usa spesso un giaccone in pelle nera con delle piccole borchie metallo. Oppure il
cappotto nel modello più di tendenza ma che lei orgogliosamente racconta di
aver trovato a pochissimo al mercatino del sabato, sotto casa sua.
Anche le scarpe,
tantissime, sono il frutto della moda del momento, alte, basse, colorate, nere,
tutte in materiali simili al cuoio. Le volte che ho provato a suggerirle delle
scarpe di miglior fattura mi ha guardato stranita sostenendo che per quel
prezzo ne avrebbe comprato quattro delle sue. Camicie, sottogiacca,
pantaloni, gonne, quasi tutti questi capi, se non tutti, sono in tessuto
sintetico sicchè giustamente se si vuol evitare che puzzino necessitano di
lavaggi più frequenti ma che poi, inevitabilmente, li porteranno ad assumere quell’aria
di vecchio o di sciatto.
Gli accessori
preferiti di Giovanna hanno spesso il logo dell’azienda in bella vista. I
soldi che riesce a risparmiare vengono investiti nel paio di occhiali da
sole con due lettere dell’alfabeto in bella vista, oppure il capellino
di tela color sabbia con un’altra lettera dell’alfabeto stampata su di essa in
marrone scuro. E così la borsa, se non può avere quella con le due
lettere francesi originale si accontenta della copia taroccata. Certo, se la
mia amica avesse una disponibilità economica più florida acquisterebbe tutto
questo originale ma penso sempre ben logato, poiché per lei è questo
simbolo che le indica il valore del prodotto e secondo lei avere quel
valore e quel prodotto è importante in quanto dovrebbe attestare a chi la
circonda la sua appartenenza ad un certo mondo.
Abito corto a sacco
nonostante abbia un seno abbondante, stivale con il tacco alto e pantacollant maculato,
per una festa di compleanno? Perfetto. Tuta da ginnastica, la sua
uniforme diurna quando non è a lavoro, e scarpe ginniche, per una pizza con
amici? Andata. Leggings, canotta a metà coscia, giubotto in pelle e ankle
boots, per una passeggiata con me in centro? Perché no! Al matrimonio
si sua cugina Adele? Minigonna
inguinale, dècolletès, top e giacca. <<M. Agatha, ero la più elegante ed ammirata, mi guardavano tutti!>>
Riformulo la domanda posta
prima.
A parità di possibilità economiche, secondo voi, chi ha, delle due,
maggiori possibilità di ottenere una promozione o di poter essere assunta per
un diverso lavoro meglio pagato o anche semplicemente di poter accedere ad una
rete di conoscenze più soddisfacente?
Posso garantirvi che sono ambedue delle persone splendide e molto amate
dai colleghi nel proprio lavoro ma quale delle due, se non doveste conoscerle
personalmente, vi ispirerebbe più professionalità, competenza, affidabilità?
Sia Sara che Giovanna non prestano al
mattino molta attenzione agli abiti che indossano, li scelgono in automatico,
sovrappensiero. Se lo facessero si renderebbero conto di quanto le loro scelte
in fatto di abbigliamento abbiano influito e continuano a farlo, tutt’oggi, nelle potenzialità e opportunità delle loro vite, sociali e lavorative.
Penso che il voler esprimere la propria
appartenenza ad una determinata classe sociale tramite il modo di abbigliarsi non sia solo una questione di
soldi, soldi che si sta guadagnando personalmente o che ha guadagnato in precedenza la famiglia origine
per te.
Tutte le volte che esclamiamo: questo
è di classe, oppure quanta classe ha…,
stiamo inconsciamente sottolineando al nostro interlocutore la differenza tra denaro e classe.
Moltissime persone del mondo della televisione, dello sport
o ancor meglio star della musica
sono milionarie ma non per questo
possiamo dire che abbiano classe. Mark
Zuckerberg è certamente uno degli uomini
più ricchi del pianeta ma di certo non è un uomo di classe.
Così come Kim
Kardashian o Ilary Blasi che spesso dimentica il
reggiseno a casa o Belen Rodriguez addirittura gli slip.
Non importa quanto siano
ricche, ma uscire di casa senza reggiseno o slip non è ancora considerato di
classe.
Lo stile, la classe sociale ed
soldi sono ottimi amici ma non fratelli
di sangue.
Si può essere di classe pur non avendo molti soldi così come il contrario.
Certo l’appartenenza ad una certa classe
sociale aiuta molto poiché ti inculca fin da piccoli alcuni insegnamenti che poi si fanno propri ma
l’esser nati o meno in un’alta classe sociale non è determinante per aver o meno stile, eleganza.
Prendiamo ad esempio Natalia Vodianova, quando è stata notata dal
talent scout era una piccola venditrice di frutta e verdura a Gorky in Russia
ed oggi una delle donne maggiormente di classe al mondo.
Oppure la stessa Coco Chanel, orfana di madre e con
un’infanzia spesa in un orfanotrofio per
poveri di Aubazine, in Francia, che della classe ed eleganza ne ha fatto una missione.
Ma ovunque al mondo e sempre
nella storia l’avere classe, stile, eleganza sono stati le chiavi invisibili di
accesso alla metà di mondo che ha il potere di influenzare l’altra metà.
Ritornando a noi,
certamente uno dei requisiti
fondamentali affinchè un guardaroba
sia perfetto è che sia anche di qualità,
meritando, così, il prezzo che andremo a pagare per averlo.
Una più alta qualità significa, di solito, un più alto
prezzo. Il nostro investimento in una più
lunga durata, più alto livello di rifiniture, in una maggiore vestibilità, in
minor rischi di provocare irritazioni alla pelle, nella qualità, appunto. Fin
dai tempi antichi l’uomo è cosciente che se vuole avere un bene che abbia dei
requisiti superiori alla media deve, per questo, pagare un prezzo superiore
alla media.
Ma questa semplice equazione non è più valida, oggi,
se ne invertiamo i parametri.
Un prodotto se di qualità, probabilmente, avrà un prezzo superiore al suo corrispettivo low cost ma non è detto
che un capo di abbigliamento costoso
sia, necessariamente, anche di qualità. Questa seconda equazione è applicabile,
strano ma vero, soprattutto alla fascia alta dei brands di lusso. Secondo
i manuali di economia o semplicemente in un mondo più etico il larghissimo divario
esistente tra il prezzo pagato e il costo del bene dovrebbe essere reinvestito nella
ricerca di una qualità ancor più alta
dei materiali, nel design del
prodotto, e perchè no, in una più alta
retribuzione dei lavoratori stessi. Invece questo accade solo in parte. È notorio,
ormai, che la maggioranza degli utili si reinvestono, invece, nel marketing del prodotto, nella retribuzione dei superpagati manager a capo dell’azienda e dello stilista di turno.
E allora come fare a riconoscere se un abito del nostro
guardaroba è di qualità o meno -
meritando perciò, in ultima analisi, il suo costo - senza tener conto del
prezzo pagato? Essendo in grado di riconoscere
ed esaminare, noi stessi, gli elementi che lo contraddistinguono come tale.
E cioè? Valutando i materiali di cui è fatto, la precisione delle rifiture e il
reale valore apportato da eventuali elementi accessori presenti.
xoxo
M. Agatha
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