Miei carissimi quattro
follower,
Ieri, a Firenze, era una serata
alquanto uggiosa e nonostante avessi ricevuto un invito dalla mia
instancabile amica Tiziana per andare al cinema ho preferito restare
a casa e veder un bel film, sprofondata
sul divano del soggiorno, con accanto una tazza fumante di cioccolata calda ed
una fetta di plumcake all’arancia che avevo sfornato proprio nel pomeriggio.
Su uno dei tanti canali davano Anna Karenina, interpretato da Sophie Marceau.
Lo avete mai visto?
Io lo adoro
forse perché ho amato prima ancor di vedere il film il personaggio descritto
dalle parole di Tolstoj. Mi stavo godendo la trama quando, alla scena del primo
incontro tra Levin e Kitty, mi prende l’irrefrenabile voglia di
rileggere proprio quel passo così come descritto nel romanzo e che
ricordavo di aver, a suo tempo, sottolineato a matita.
Mi alzo dal divano e mi
reco, così, alla libreria che si trova nella stanza accanto, adibita a
studio. Impresa non facile poiché tutti i romanzi già letti sono stati
posti, ovviamente, nei ripiani più alti. Prendo una sedia ma non
basta. Allora, con una gamba sulla sedia ed un’altra su una mensola della
libreria stessa mi allungo per quanto possibile per afferrare il libro.
Come prevedibile in queste occasioni, vengono giù a cascata tutti quelli
posti avanti. Riscendo dalla sedia e bofonchiando parole in aramaico sulla
mia bislacca idea di aver scartato la possibilità di cercare la frase, anche
più velocemente, su wikiquote, ne afferro da terra il più possibile e li pongo
alla rinfusa sulla scrivania, promettendomi di sistemarli l’indomani. Torno,
così, esausta sul mio divano non con un solo libro ma con due. Eh già
perché in quel cataclisma letterario mi era caduto in testa anche il mio
vecchio testo di filosofia dei tempi liceo ed in vena di ricordi avevo
deciso di risfogliarne le pagine. Infatti, riletto il passo che mi interessava
tra Levin e Kitty e terminato di
guardare il film mi immergo in una rilettura – molto superficiale - dei filosofi
contemporanei: Schopenhauer, Kant, Nietzsche. In particolare mi incuriosisce sulla questione dell’Io, del Super Io
e dell’Es di Freud. La ricordate? No? Sinceramente neppure io.
Ma ho rispolverato un po’ le
nozioni e ricordato che si tratta delle tre dimensioni in cui la personalità
umana è stata suddivisa dal padre della psicanalisi.
Leggo ancora per un po’,
termino la mia cioccolata ormai non più calda e decido, poi, di andare a
dormire.
Ma ora che sto per iniziare a
scrivere della terza delle quattro caratteristiche del nostro Guardaroba Perfetto,
la personalità di colei o colui al quale quel guardaroba dovrebbe essere
funzionale ecco che mi ritorna in mente Freud e la sua teoria.
E se provassimo a psicoanalizzare un po’, in modo
semiserio, ovviamente, il nostro guardaroba cosa ne risulterebbe?
l’Io, la parte cosciente e razionale del nostro essere potrebbe essere rappresentata
dagli abiti che generalmente utilizziamo privatamente, quando siamo
noi stessi senza dover render conto ad alcuno. Perciò i vestiti che
indossiamo per stare comodi in casa;
Sia che si tratti di una serata relax davanti
l’ultimo film di Jennifer Aniston o che si facciano le pulizie di primavera. Oppure
quei vestiti che scegliamo senza troppo pensarci su, o ai quali forse
siamo affezionati e non riusciamo a disfarci.
I vestiti che indossiamo quando siamo ammalate, abbiamo la febbre a 38 e neppure la mamma o l’amica son potute venire in nostro soccorso.
Per quei momenti in cui l’ultimo dei nostri
pensieri è l’apparenza esteriore al mondo. O ancora i vestiti che scegliamo
di mettere in quei momenti in cui solo il barattolo di nutella ed il cucchiaio
grande da ministra possono risollevarci un po’ il morale, depresse per
chissà quale motivo. Il fidanzato, l’amica, la collega sul lavoro.
Nel mio caso sono delle tute, in diversi colori, glicine, rosa antico, turchese addirittura una color tortora, quasi tutte acquistate da Oysho, in cotone/ciniglia,
sotto le quali infilo delle maglie, generalmente bianche, a
maniche lunghe Intimissimi e calzettoni di lana grossa, di colore
coordinato, l’unico vezzo, che acquisto a man bassa ai saldi, da Calzedonia.
Questo in inverno.
In estate, invece, preferisco dei vestiti in cotone,
perfetti per una ventenne, acquistati con mia sorella ai tempi dell’università
e che continuo a indossare incurante delle mode, degli anni e dello sbiadimento
dei loro colori.
Ma ogni volta che li indosso mi riportano indietro nel tempo e nei ricordi e questo è quel che conta, almeno in alcuni momenti.
Oppure
delle canotte senza maniche della Pompea, sempre in cotone, da portare
con pantaloni in lino ormai senza taglia da quanto si sono adattati alle
forme delle mie gambe.
E se sono a letto ammalata?
Pigiami, due. Uno, tutto bianco con dei mega cuori rossi di diverse grandezze,
di quando vivevo ancora casa con mamma e papà
e di quando le influenze avevano il sapore delle spremute di arancia e del tè carico di zucchero e limone e si cercava di addolcire le giornate con le puntate di Friends e fette di ciambella al cioccolato da mandar giù senza troppi sensi di colpa.
Ed il secondo, blu
notte, maschile, in cotone misto seta, con una lunga fila di bottoni
in madreperla, regalato da me ad AlessandroB un po’ di anni addietro e sopravvissuto
chissà come a decine di traslochi. L’ho ritrovato per caso, in un cassetto nell’armadio
nella casa al mare e me ne sono impossessata. Mi va molto grande sia di
maniche che di gamba ma non importa, anzi meglio, ci sto più comoda. Spesso
ne uso solo la parte superiore. Tanto con la febbre ho sempre caldo.
Invece le pulizie di primavera vengono fatte con delle felpe XL,
coloratissime, una arancione, una blu, un’altra verde foglia e dei pantaloni
di tuta in cotone, invece, tutte in grigio ma di mille diverse sfumature,
dal grigio perla a quello quasi antracite,
avanzi del mio periodo sportivo che non credo possa ritornare, almeno non quello, quando con la mia amica Manuela andavo a correre tutte le mattine alle 7.00 al parco delle Cascine, a Firenze.
Infatti jogging e pulizie di primavera, sempre di attività fisica si tratta, no?
Cate
In primo piano nel nostro
armadio, in bella vista, a portata di mano, troviamo il SuperIo, la
parte di noi più condizionata dal contesto sociale che ci circonda, ben rappresentata dai vestiti che una persona ha addosso quando è in pubblico. Sono gli abiti che indossiamo tutte le mattine per
recarci a lavoro.
Sono gli abiti che scegliamo
per trascorrere un week end fuori porta con gli amici...
...o per una passeggiata in centro a guardare le vetrine e qualche volta pure acquistando.
Oppure sono i
vestiti che amiamo sfoggiare quando siamo
invitate a cena a casa di amici, o per il tè dalla mamma,
ad una festa di
compleanno, al matrimonio di nostra cugina o ad assistere ad un’opera, la sera,
a teatro o abbiamo semplicemente voglia di visitare un museo.
Mille e mille occasioni
per mille e più abiti.
Sono i vestiti che
raccontano il nostro modo di essere al mondo attorno a noi e di cui dovremmo
andar fiere per l’immagine che riflettono della nostra personalità. Classica, Trendy, Romantica, avente uno stile
Naturale o al contrario Drammatico o
Creativo.
Se, invece, così non fosse e spesso non lo è, bhè,
dovremmo ritornare a lavorare sul nostro stile al fine di diminuire la forbice che si sarebbe creata tra la nostra
immagine reale e quella ideale, quella che sentiamo avere di noi interiormente
e che ci piacerebbe proiettare anche all’esterno ma con insuccesso.
(A tale problematica sono dedicati alcuni post della
terza sezione di questo blog:
Infine negli angoli
più remoti del nostro guardaroba risiede l’Es, la parte più inconscia del nostro essere. Sono gli abiti stipati, nascosti, piegati in
scatole e riposte sui piani più inaccessibili dell’armadio, frutto di
acquisti dettati dall’istinto. Tutti quei capi che forse solo sotto ipnosi confesseremmo
di possedere.
Gli slip tutto pizzo e volant acquistati perchè portassero fortuna la notte di Capodanno.
L’abito scollatissimo e aderentissimo, mai indossato, che pensavamo ci avrebbe trasformato in una dea del sesso invece metteva in evidenza solo i rotolini di cellulite sui fianchi. Il gilet con le frange, texano, comprato nel nostro viaggio negli Usa. I costumi da bagno leopardati visti e presi per pochi soldi sulle bancarelle del mercato.
La giacca nera in similpelle che pensavamo sarebbe stata comunque chic invece era miserabilmente solo cheap.
Secondo voi quali abiti rappresentano l’Io, il SuperIo e
l’Es del vostro armadio? Raccontatemi.
xoxo
M. Agatha
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